Mount & Blade: With Fire and Sword

Mount & Blade: With Fire and Sword

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Mount & Blade With Fire and Sword - Contesto Storico - Regno di Svezia
By Leonfav of the Pigeon Gang
Guida storica al contesto storico della fazione del Regno di Svezia
   
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Introduzione
Questa guida serve a spiegare al lettore il contesto storico di una delle fazioni principali del gioco, il Regno di Svezia, narrando quindi la storia di esso antecedente alla situazione storica in cui è ambientato il gioco e trattando la vita e le eventuali riforme introdotte dai vari sovrani del regno, da Margherita I di Danimarca a Cristina I e Gustavo II Adolfo Vasa di Svezia, con speciale riguardo per quest'ultimo ed i suoi impegni nella Guerra dei Trent'anni.

NOTA BENE: L'interità della seguente guida è stata scritta da me e sempre da me postata sulla pagina di Wikipedia di M&B WFaS prima che la pagina in corso d'opera venisse estremamente ridotta dagli stessi mod di Wikipedia per eccesso di informazioni. Non possiedo titoli accademici per affermare con estrema certezza che la seguente guida, frutto della mia ricerca sulla storia Svedese pre-Moderna, sia interamente esatta e che non abbia carenze, quindi, seppur assai corposa rispetto al solito prodotto web, avverto il lettore di usarla come spunto di approfondimento e non come fonte di verità assoluta
L'Unione di Kalmar (1397 - 1523)
L'Unione di Kalmar fu un'unione personale voluta da Margherita I di Danimarca, che riunì i regni di Danimarca, Norvegia e Svezia nell'intento di combattere militarmente i nemici e commercialmente la Lega Anseatica, ovvero la lega commerciale delle Città Libere Imperiali a nord del Sacro Romano Impero Germanico atta a monopolizzare il commercio baltico. Con l'aiuto delle unità danesi, le unità svedesi riuscirono a spodestare dal loro trono Alberto di Maclemburgo nel 1389, un tedesco non amato dal popolo, mentre, grazie all'abilità diplomatica di Margherita, Eric di Pomerania, suo bisnipote, venne eletto al trono norvegese. Grazie a tali fattori venne proclamata il 17 giugno del 1397 l'unione, con a capo Eric. L'unione però, nell'arco di una trentina di anni, manifestò già i primi sintomi di ribellione, soprattutto in Svezia, infatti la politica danese divenne sempre più centralizzata e inoltre il commercio del ferro, vitale per gli svedesi, venne ostacolato fortemente dalle continue guerre danesi contro i ducati imperiali del nord (Schleswig, Holstein, Meclemburgo e Pomerania). Il malcontento svedese sfociò ben presto nella cosiddetta Ribellione di Engelbrecht, durante la quale i danesi vennero scacciati dalla Svezia. Oltre che gli svedesi, tutti nell'Unione erano scontenti dell'operato del re, pure gli stessi nobili danesi, i quali si unirono ai contadini, minatori e nobili svedesi nella loro ribellione nazionale contro il re. Eric, scoraggiato da tali moti, fuggì nell'isola di Gotland, dove rimase fin quando la cedette, in cambio di un ritorno in Pomerania, a Cristiano I, nuovo re dell'Unione, succeduto a Cristoforo di Baviera,il succeduto a sua volta a Eric stesso, il quale, durante la sua fuga a Gotland, venne deposto (1438-1439). Poco prima che Cristiano I fosse eletto, in Svezia e in Norvegia venne eletto Carlo VIII (nel tentativo di rimettere nelle mani svedesi le sorti dell'Unione) che diede via a una serie di scontri per il dominio dell'Unione durati per sette decenni, fino alla conquista danese della Svezia nel 1520. Dopo aver conquistato Stoccolma, ultima roccaforte della vedova di Sture, capo degli indipendentisti svedesi, venne eletto a titolo ereditario re di Svezia. Dopo 3 giorni di banchetti, radunò il 7 novembre i nobili svedesi, arrestandoli tutti. Anche se garantì l'amnistia a tutti gli avversari politici, Cristiano fece giustiziare con l'accusa di eresia quattordici nobili, tre borgomastri, quattordici consiglieri cittadini e almeno altri venti comuni cittadini di Stoccolma. Questo fatto, denominato "Bagno di Sangue di Stoccolma", fu la causa scatenante di una nuova insurrezione nazionale, la quale comportò la detronizzazione di Cristiano II a favore di Gustavo I Vasa (Gustav I Eriksson) nel 1521, che venne ufficialmente eletto nel 1523.
Gustavo I (1523 - 1560)
Fin da subito Gustavo esiliò Gustav Trolle, l'arcivescovo svedese a capo dei movimenti pro-danesi e cancelliere del regno, chiedendo al papa un nuovo arcivescovo e nuovi vescovi, mancanti in gran parte della nazione. Il papa rifiutò continuamente le proposte del re svedese, il quale infine decise di nominare Laurentius Petri, un sacerdote che convertì la Svezia al luteranesimo già prima della sua nomina, avvenuta nel 1531. Già nel 1527 il re decise di confiscare le terre alla Chiesa, inoltre sotto il suo regno venne rilasciata la Bibbia di Gustavo Vasa, ispirata alla Bibbia di Martin Lutero. Gustavo I, divenuto ormai un re assoluto, costrinse nel 1544 la Dieta a concedergli l'ereditarietà del trono, trasformando il Regno Svedese da una monarchia elettiva a una monarchia ereditaria. Nel 1542 Nils Dacke iniziò una rivolta contro il re, causata dalla riforma radicale della Chiesa Svedese e dalle riforme economiche svantaggiosi per i contadini, sconfiggendo le truppe reali e mandando in crisi il re stesso, a tal punto che l'8 novembre dello stesso anno il re firmò una tregua, lasciando Nils Dacke padrone indiscusso della Svezia Meridionale. Dopo aver annullato la tregua nel 1543, Gustavo sconfisse Dacke e la sua armata di contadini, sconfiggendo tutti i nemici rimasti. In termini di espansione, Gustavo conquistò la Finlandia, sconfiggendo ripetutamente Ivan IV, e fondò Helsinki, attuale capitale finlandese. Il 29 settembre 1560 Gustavo I morì, lasciando al trono suo figlio Erik XIV Vasa.
Erix XIV (1560 - 1568)
Erik XIV, nato il 15 settembre 1533, successe al padre tramite via dinastica e venne incoronato re il giorno della morte di quest'ultimo, ovvero il 29 settembre 1960. Grazie all'opera del padre, il quale consolidò internamente la Svezia, Eric XIV poté avviare una politica espansionista contro le nazioni vicine, iniziando la Guerra del Nord dei sette anni (1563-1570) e partecipando alla Prima Guerra del Nord (1558-1583).

La Guerra del Nord dei sette anni scaturì dalle tensioni fra Danimarca e Svezia, le quali condividevano le stesse mire espansionistiche e politiche contrastanti, infatti Erik voleva rimuovere la Danimarca dal ruolo di nazione dominante dello scenario baltico, mentre il re danese, Federico II ambiva a una riunificazione dell'Unione di Kalmar. A causa della secolarizzazione dell'Ordine Teutonico a seguito della Guerra Polacco-Teutonica, divenuto con Alberto I (Albrecht von Hohenzollern) il Ducato di Prussia, la Livonia rimase senza un vero proprietario (la secolarizzazione riguardò solo la Prussia Teutonica, per cui in Livonia rimase sotto il controllo dell'Arcivescovato di Riga e l'Ordine di Livonia) l'ordine continuò a resistere, perciò sia la Danimarca, sia la Svezia iniziarono ad ambire tale terra. Con il Casus belli di una disputa sullo stemma di entrambi monarchi (già Cristiano III aveva inserito nel suo stemma le tre corone, simbolo svedese, mentre Eric XIV inserì i simboli danesi e norvegesi nel suo) i due paesi iniziarono una serie di scontri navali, che, anche se inizialmente a favore della flotta danese, che disponeva pure delle navi della città anseatica di Lubecca (la quale si schierò in favore della Danimarca a causa dell'intransigenza commerciale svedese), dopo diversi anni andarono a favore degli svedesi.

La Prima Guerra del Nord scaturì dal tentativo di Ivan IV il Terribile di conquistare la Livonia, importante nodo commerciale del Baltico, e sconfiggere gli ultimi rimasugli degli ordini cavallereschi cristiani, ormai deboli e isolati. Tale scelta però comportò alla reazione delle potenze vicine, allarmate sempre di più dall'espansionismo del Terribile, che comportò all'alleanza tra svedesi, polacco-lituani e dano-norvegesi. La guerra iniziò a prendere subito una piega contro Ivan, il quale venne sopraffatto sempre più volte dalla superiorità numerica nemica. La situazione si aggravò sempre di più, a tal punto che nel 1565 i boiardi, i nobili russi, iniziarono una rivolta.

Mentre conduceva queste due guerre, Erik XIV, a causa della sua superba educazione, previsto come sovrano perfetto, cadde nella pazzia, la quale si trasformò in violenza. Sempre più timoroso di esser tradito dai suoi sudditi, egli iniziò dei bagni di sangue contro la famiglia Sture e imprigionò suo fratellastro Giovanni III, con l'accusa di alto tradimento. Dopo il matrimonio di Erik XIV con un'amante di umili origini, i nobili si ribellarono al re, lo deposero in favore di Giovanni III e venne incarcerato nel 1568. Erik morì il 26 febbraio 1567 a Örbyhus, avvelenato dalle sue guardie carcerarie, in un completo stato di pazzia. Alla sua famiglia e alla sua discendenza vennero tolte le terre e il diritto di successione al trono svedese.
Giovanni III (1568 - 1592)
Il 30 settembre 1568 Erik XIV venne deposto dal trono in favore di suo fratello, Giovanni III. Giovanni, ottenuto il trono, concesse maggiori privilegi alla nobiltà rispetto ai suoi predecessori, sperando così di ottenere validi alleati che non lo contrastassero nella politica interna mentre egli si concentrava su quella estera. Come fatto in precedenza dal padre, Giovanni aumentò e consolidò il suo potere, trasgredendo molti limiti impostigli dal governo. Essendo cattolico, iniziò a costruire e ristrutturare le chiese cattoliche, permettendo inoltre ai monasteri cattolici di assumere nuovi novizi. Nel campo bellico Giovanni concluse la Guerra del Nord dei sette anni nel 1570, dopo varie vittorie conseguite dai suoi eserciti. Giovanni III rinunciò alle sue pretese su Schonen, Halland, Blekinge e Gotland mentre la composizione della disputa sulle tre corone fu rinviata ad altro negoziato. A causa della sua posizione isolata e al pericolo incombente dei russi, Giovanni dovette rinunciare anche al suo controllo della Livonia e pagare alla città anseatica tedesca una notevole somma di danaro. Anche se i russi erano un pericolo assai temibile, dopo un po' di anni la Prima Guerra del Nord si concluse a favore della Svezia, essendo che Ivan IV, ormai stretto in una morsa fra il Regno Svedese e la Repubblica, non possedeva più mezzi e risorse per continuare la guerra. Con la pace di Pljussa del 10 agosto 1583 fra il Granducato e la Svezia, a quest'ultima furono riconosciuti alcuni territori che si affacciano sul Golfo di Finlandia, ovvero le province di Estonia, Ingria e Livonia svedesi. Oltre a essere una patrono dell'arte, Giovanni III era pure un diplomatico assai dotato: grazie alla sua strategia diplomatica riuscì a far incoronare suo figlio, Sigismondo III, sul trono polacco. Sigismondo III, avendo avuto un'educazione cattolica come il padre, influì molto nell'ambito religioso dello stato da lui governato, impedendo la diffusione del cattolicesimo nella Repubblica. Dopo 24 anni di regno, morì il 27 novembre 1592.
Sigismondo III (1592 - 1599)
Sigismondo III Vasa venne incoronato re della Repubblica Polacco-Lituana il 18 settembre 1587, in seguito alla morte di Stefano I Báthory, avvenuta il 12 dicembre 1586. Essendo Sigismondo cattolico, e la Repubblica, dopo il Trattato di Lublino, una monarchia elettiva, egli ebbe tutte le carte in tavola per accaparrarsi il trono polacco e, con l'ausilio del padre (Giovanni III), della madre (Caterina Jagellona) e di Jan Zamoyski (all'epoca cancelliere della Repubblica), egli ottene il trono non con molte difficoltà. Tra gli altri candidati all'elezione vi fu anche Massimiliano III d'Austria che si oppose a Sigismondo e scelse di non rispettare il risultato delle elezioni, decretandosi come legittimo monarca. Quando Massimiliano tentò di risolvere la disputa con la forza e iniziò la Prima Guerra di Successione polacca (1587-88), egli venne sconfitto nella Battaglia di Byczyna. In tale battaglia le forze polacche vennero condotte dal leale colonnello Jan Zamoyski, che, anche se in inferiorità numerica, riuscì a circondare le forze austriache di Massimiliano, il quale, dopo un paio d'ore, dovette arrendersi. Fatto prigioniero, Massimiliano dovette rinunciare ai suoi reclami. Il 27 novembre 1592, quando il padre morì, sotto il consenso del Sejm, Sigismondo venne eletto re di Svezia, creando così un'unione personale fra il regno di Svezia e la Repubblica, denominata Unione Polacco-Svedese. Essendo lui sia re di Svezia, sia re della Repubblica Polacco Lituana, dovette affidare la sfera di controllo svedese allo zio, Carlo Vasa. Per il supporto dato da Sigismondo alla Controriforma, la sua figura venne largamente malvista nella Svezia protestante. Carlo, in posizione favorevole, prese ben presto il controllo della Svezia e si ribellò a Sigismondo col pretesto che questi volesse ricattolicizzare la Svezia. Nel 1598 Sigismondo, con un esercito misto di svedesi e polacchi, venne sconfitto e catturato nella Battaglia di Stångebro. A Sigismondo venne impedito di governare la Svezia dall'estero e pertanto nel 1599 venne deposto.
Carlo IX (1600 - 1611)
Carlo IX venne incoronato ufficialmente il 22 marzo 1604 re di Svezia a sfavore di suo nipote, Sigismondo III. Il regno di Carlo IX, seppur breve, fu caratterizzato da una continuità di guerre, infatti egli dovette far fronte alle forze di Sigismondo durante la Guerra Polacco-Svedese (1600-1611), e, contemporaneamente, dovette far fronte ai russi, iniziando la Guerra d'Ingria nel 1611. Comunque, nel periodo in cui resse il trono svedese, egli guadagnò molto potere, cambiando così molte delle leggi a suo favore. Essendo da poco al trono, a causa della guerra il re non varò molte nuove leggi a scopo amministrativo, però favorì i commerci, in particolare quello delle pelli e del legname che venivano esportati in tutta l'area baltica. Dopo aver aperto un altro conflitto con la Danimarca, Carlo IX morì il 30 ottobre 1611 al castello di Nyköping, lasciando come suo erede il figlio Gustavo Adolfo.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Giovinezza
Colui che conosciamo come Gustavo II Adolfo Vasa nacque il 19 novembre 1594 nel Castello Tre Kronor, figlio di Carlo IX, allora reggente di Svezia, e Cristina di Holstein-Gottorp. La discendenza della madre, facente parte di una delle più importanti famiglie tedesche (Oldemburg), lo fece divenire cugino di Filippo d'Assia, Maurizio di Sassonia, Guglielmo d'Orange e Maurizio di Nassau. Egli ricevette un'educazione eccellente per l'epoca, che gli segnò fin da subito una via di gloria e grandezza: all'età di sei anni, aveva già compiuto il suo primo viaggio nel Mar Baltico, in pieno inverno, passando poi dalla Finlandia e dal Golfo di Botnia per il viaggio di ritorno. Dall'età di otto anni, prese parte stabilmente alle riunioni del Consiglio di Stato ed a partire dai dodici anni ebbe il mandato di negoziare con inviati stranieri. All'età di quindici anni tenne per conto del padre il suo primo discorso pubblico. Durante la sua giovinezza egli ebbe un'educazione essenzialmente militare non mancando di intrattenersi spesso coi soldati che svolgevano regolare servizio alla corte di Carlo IX, oltre che con gli ufficiali stranieri che pervenivano in Svezia per cercare nuovi impieghi durante le lunghe tregue della guerra ispano-olandese. A sedici anni ottenne dal padre il ducato di Dalarna, situato nella Svezia centrale, e arginò un'invasione danese nel Gotland orientale.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Guerra di Kalmar
Nel 1607 Carlo IX si dichiarò "Re dei Lapponi", reclamando e ottenendo le tasse dalla Lapponia norvegese (sotto il controllo della Danimarca), causando di conseguenza molti danni commerciali ai porti settentrionali danesi, inoltre le due nazioni si accusavano a vicenda di azioni di pirateria marittima. La rinnovata ostilità fra le due nazioni infine sfociò nel gennaio del 1611, quando Cristiano IV dichiarò guerra alla Svezia, invadendo essa con 6000 uomini e chiudendo tutti i suoi porti tramite blocchi navali. Carlo IX, che soffriva di paralisi parziale causata da un ictus fin dal 1607, dopo la perdita di Kalmar spirò, lasciando il regno a Gustavo, il quale, grazie alle sue dimostrate doti, riuscì a non farsi affidare la reggenza, anche se ancora diciassettenne. Incoronato il 30 ottobre dello stesso anno col nome di Gustavo II Adolfo, egli, con gran zelo, non si diede tregua per ristabilizzare le sorti della Svezia, in guerra su 2 fronti. Prima di tutto, notando la situazione scadente del suo esercito nel fronte danese, cercò di mediare la pace con la Danimarca, la quale, nel corso di 2 anni, aveva pure conquistato Älvsborg. Dopo 6 settimane di discussioni, il 20 gennaio 1613 i due paesi stipularono la pace, che sancì:

  • Il riconoscimento del sovrano danese come unico riscossore delle tasse in Lapponia.
  • L'occupazione da parte della Danimarca dei territori occupati fino al pagamento svedese di un milione di Riksdaler.
  • Sebbene le alte richieste di denaro da parte di Cristiano, Gustavo II Adolfo non ne uscì leso, in quanto i protestanti olandesi, intimoriti dalla sempre più espansionistica politica danese, pagarono il debito per suo conto.

A differenza del precedente fronte danese, Gustavo decise di scegliere una strategia marcatamente offensiva contro i russi, grazie a una minima riorganizzazione dell'esercito. Gustavo conquistò Gdov nel 1614 e mantenne sott'assedio Pskov fino al 1617, anno in cui Gustavo firmò il trattato di Stolbovo. Questo prevedeva tali termini:

  • La Svezia acquisiva la Carelia sud-occidentale, la provincia e la fortezza di Kexholm (l'attuale Priozersk) e la provincia di Ingria compresa la fortezza di Nöteborg (l'attuale Shlisselburg).
  • I membri delle famiglie russe più agiate che vivevano in questi territori ceduti alla Svezia avrebbero potuto migrare in Russia entro 14 giorni.
  • La Russia rinunciava alle proprie pretese in Estonia e Livonia.
  • La Russia avrebbe pagato un'indennità di guerra di 20.000 rubli.
  • Velikij Novgorod e le altre conquiste territoriali svedesi sarebbero state restituite alla Russia.
  • La città russa di Gdov sarebbe rimasta sotto il controllo svedese fino alla pace definitiva.
  • La Svezia riconosceva Michail Romanov come zar legittimo di Russia.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Riforme militari
Notando le debolezze del proprio esercito, Gustavo Adolfo decise di attuare una profonda riforma militari, creando un esercito professionale in un'epoca, quella della Guerra dei Trent'anni, dilaniata da eserciti indisciplinati, composti soprattutto da mercenari. Prima di tutto, egli istituì la leva obbligatoria di durata ventennale per tutti i giovani svedesi, dai quali pretese una disciplina impeccabile e un comportamento alieno da ogni vizio (bestemmie, gioco d'azzardo e tradimento coniugale), rendendoli così degli individui[2]. Per rendere la sua armata ancor più efficiente fornì sempre i suoi soldati con abiti adatti per ogni stagione, tende robuste, cibo a sufficienza e una solidità economica, donando a loro e alle loro famiglie dei terreni. La più grande opera bellica di Gustavo Adolfo fu la radicale riforma tattico-strategica dell'esercito svedese, la quale innovò la realtà bellica europea seicentesca con tali innovazioni:

  • Inventò una nuova suddivisione dell'esercito, organizzando 150 uomini in una compagnia, 4 compagnie in un battaglione, due battaglioni in un reggimento, 3-4 reggimenti in una brigata.
  • Diminuì il numero di picchieri a un terzo degli effettivi, rendendo le loro picche più corte ma molto meno vulnerabili alle spade, e disponendoli in 6 file, intercalate da file di moschettieri.
  • Aumentò il numero dei moschettieri, dotando loro di moschetti non più a miccia, bensì a ruota, facendo sì che la maggiore mobilità (causata dall'assenza di cavalletti) rendesse molto più potente e costante il loro fuoco di tiro. A tal proposito vennero addestrati a sparare insieme, non singolarmente, come uso all'epoca, e intercalandoli in 3 file, affinché il loro fuoco rimanesse continuo e costante.
  • Riaddestrò i corazzieri, facendo sì che usassero le spade durante la carica, le pistole durante la mischia.
  • Ridefinì le posizioni tattico-strategiche dei dragoni, intercalandoli a gruppi di moschettieri.
  • Inventò una nuova tipologia di cannoni, l'artiglieria leggera, cercando di sostituirla agli inamovibili cannoni che componevano i corpi di artiglieria del seicento. L'artiglieria leggera svedese era dunque formata dai famigerati "cannoni di pelle", ovvero cannoni dotati di un rivestimento in cuoio ma un'anima di rame. Questi cannoni, seppur assai poco longevi sul campo di battaglia (essi si deformavano o implodevano dopo poche raffiche da loro sparate), erano molto più leggeri e mobili, inoltre possedevano un rateo di fuoco assai maggiore.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Guerre Polacco-Svedesi
Seppur rinnovando l'esercito, Gustavo Adolfo stette in guerra con la Repubblica Polacco-Lituana quasi ininterrottamente dal 1617 fino al 1629, soprattutto a causa del continuo desiderio di Sigismondo III di riprendersi il trono a lui rubato da Carlo IX. La guerra fu caratterizzata da tre distinte fasi:

  • Guerra Polacco-Svedese (1617-1618) - Questa prima fase vide Gustavo II Adolfo fronteggiarsi contro il Grand'Atamano di Lituania, Krzysztof Radziwiłł, per il controllo della Livonia. La guerra, che procedette per un anno, seppur iniziata con una vittoriosa invasione svedese, si concluse con un nulla di fatto per gli svedesi, i quali, infine, a causa del perdurarsi della Guerra Polacco-Moscovita, firmarono una tregua di due anni, che concesse loro, a tempo indeterminato, Pärnu, l'unica città livone ancora in mani svedesi.
  • Guerra Polacco-Svedese (1621-1625) - Passata la tregua, Gustavo Adolfo ricominciò le ostilità e, approfittando della Guerra Polacco-Ottomana, invase con 18.000 uomini la Livonia, la quale, come unico difensore, trovò di nuovo Krzysztof Radziwiłł. Al contrario della invasione precedente, la superiorità numerica e qualitativa svedese ebbe la meglio sul piccolo esercito lituano, il quale venne totalmente assediato e circondato a Mittau. Anche se Sigismondo III stava tornando dalla guerra con un esercito assai numeroso, Krzysztof Radziwiłł si vide costretto, date le situazioni disastrose, a firmare una tregua il 10 agosto 1622 con Gustavo Adolfo, che venne poi rinnovata nel 1623. Scaduta la tregua, il 27 giugno 1625 Gustavo Adolfo iniziò una terza invasione, la quale venne facilitata dal disaccordo fra Krzysztof Radziwiłł e Lew Sapieha, ovvero i due comandanti della difesa lituana. Contando sulla superiorità della sua armata, Gustavo Adolfo riuscì a sconfiggere il 17 gennaio 1626 Lew Sapieha nella Battaglia di Wallhof, la prima grande vittoria in una battaglia campale contro la Repubblica. La battaglia segnò la fine parziale degli attacchi lituani, dando così a Gustavo Adolfo l'opportunità di invadere la Prussia Reale.
  • Guerra Polacco-Svedese (1626-1629) - Nel maggio 1626 Gustavo Adolfo varcò le frontiere della Prussia Reale, minacciando direttamente il territorio polacco. Seppur non trovando la resistenza delle città protestanti, le quali aprirono le porte a Gustavo Adolfo, visto come liberatore, egli non riuscì ad arrivare con i suoi 20.000 soldati a Danzica, perché Sigismondo col suo esercito avanzò fino a Gniew, dove i due re si incontrarono. Qui si svolse una battaglia che durò giorni, finita con la ritirata di Sigismondo e la conseguente chiamata alle armi. Stanisław Koniecpolski, un atamano polacco, intervenne al fianco del re con il proprio esercito. Egli, seppur fautore dello svernamento svedese in Prussia, causato soprattutto dai suoi continui attacchi verso le linee di comunicazione nemiche, non riuscì a impedire nel dicembre del 1626 un'altra sconfitta lituana d'opera svedese. Stanisław Koniecpolski, diventato ormai il capo indiscusso delle forze polacche partecipanti allo scenario bellico, grazie alla potente cavalleria polacca a sua disposizione e alla sua grande velocità di reazione, riuscì a sconfiggere a Czarne un esercito nemico prevalentemente composto da mercenari germanici e a indurre Gustavo Adolfo alla ritirata dopo una battaglia nei pressi delle paludi del fiume Motława. Dopo tale avvenimento la guerra divenne una guerra di manovra, in cui nessuno dei due avversari volle attaccare il nemico, se non con un vantaggio strategico o territoriale. I combattimenti ripresero nel 1629, ultimo anno di guerra, durante il quale gli svedesi vinsero a Górzno ma persero la Battaglia di Trzciana.

Date le vittorie sia svedesi, sia polacche, la guerra poteva avere una conclusione bilanciata per entrambe le nazioni ma i diplomatici polacchi si dimostrarono incompetenti, così che, quando venne firmata la Tregua di Altmark (26 ottobre 1629), essa fu assai favorevoli agli svedese, ai quali la Repubblica cedette la maggior parte della Livonia insieme con il suo importante porto di Riga. Gli svedesi ottennero anche il diritto di tassare gli scambi della Repubblica sul Baltico (il 3,5% sul valore della merce) e mantennero il controllo di molte delle città nella Prussia reale e in quella ducale (tra cui Pillau, Memel e Elbląg).
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Guerra dei Trent'anni: sbarco in Pomerania
È il 4 luglio il giorno in cui Gustavo Adolfo, re di Svezia, sbarca a Userdom, in Germania settentrionale. Mentre scendeva dalla nave attraverso uno stretto passaggio, scivolò ferendosi leggermente ad un ginocchio, incidente che gli storici contemporanei, con acuto senso del drammatico, convertirono subito in atto deliberato; l'eroe protestante, appena il suo piede ebbe toccato terra, era caduto sulle ginocchia per chiedere la benedizione di Dio. Così Gustavo Adolfo inizia la fase svedese della Guerra dei Trent'anni, riaprendo le ostilità in Germania, dopo la sconfitta danese. Il suo sbarco venne preceduto tempo prima da Adler Salvius, un suo inviato, incaricato di parlare per un mese e più nella Germania settentrionale riguardo l'abuso del governo imperiale. Oltre a Salvius, Gustavo Adolfo spedì nelle corti europee due manifesti: il primo, tradotto in 5 lingue, spiegava i motivi per cui si unì alla causa protestante, il secondo spiegava che gli interventi imperiali in Polonia durante la Guerra Polacco-Svedese (1626-1629) lo costrinsero a unirsi agli oppressi.

È il 20 luglio e il Leone del Nord, entrato a Stettino, in Pomerania, costringe il duca pomerano a un'alleanza e a un versamento di denaro forzato. Il duca, non essendo in grado di pagare la somma da lui promessa, diede la Pomerania in pegno a Gustavo Adolfo, cosicché quest'ultimo guadagnò in meno di tre settimane già gran parte della costa tedesca sul Baltico. Gustavo Adolfo, oltre ad avere già il duca pomerano come alleato, stipulò in poco tempo alleanze con i duchi del Meclemburgo, il Langravio d'Assia-Kassel e con Gustavo Guglielmo, il deposto amministratore di Magdeburgo, una città assai fiorente, il quale poco dopo venne reintegrato nella sua carica (grazie all'aiuto di Gustavo Adolfo) promettendo che avrebbe difeso il Vescovado di Magdeburgo con l'aiuto di Dio e del re di Svezia. Dopo l'arrivo a Magdeburgo, Gustavo Adolfo si mosse verso la Pomerania e la Marca di Brandeburgo, ma la carenza di rifornimenti lo obbligò a cercare una base sicura. Il 23 gennaio giunse a Bärwalde, città situata sulla strada di Francoforte sull'Oder, dove incontrò gli inviati di Richelieu, il primo ministro francese, dove ratificò un accordo di alleanza (dalla durata di cinque anni), da tempo progettato, fra l'allora Impero Svedese e il Regno di Francia. Il trattato di Bärwalde sanciva tali termini:

  • La reciproca difesa e la libertà di commercio fra l'Impero Svedese e il Regno di Francia.
  • Il mantenimento, da parte di Gustavo Adolfo, di un esercito di trentamila fanti e seimila cavalieri, sotto pagamento francese.
  • Il pagamento annuale, da parte del Regno di Francia, di ventimila talleri imperiali ogni 15 maggio e 15 novembre.
  • La libertà di culto per i cattolici tedeschi sotto l'occupazione dell'Impero Svedese.
  • L'impossibilità svedese di invadere i territori di Massimiliano di Baviera, amico del Regno di Francia.
  • Seppur potesse compromettere l'intero trattato, Gustavo Adolfo decise di pubblicare il trattato e di non farlo rimanere segreto, così da non apparire come una pedina francese nello scacchiere tedesco. Il trattato, comunque, ispirò tutti i protestanti, facendo capire che la causa protestante non era morta, creando di conseguenza una massa di volontari armati per combattere in nome di Gustavo Adolfo e del Protestantesimo. Anche se l'accordo venne reso pubblico, Richelieu si illuse comunque che Gustavo Adolfo fosse ancora una sua pedina nello scacchiere tedesco, ma quest'ultimo, grazie al denaro francese, si rese completamente autonomo.

Thomas Roe, diplomatico inglese, fece notare, tramite tale verso, l'assenza di ingenuità e sciocchezza del re, anche se pervaso da pensieri religiosi puri. Sta di fatto che l'onda della rinascita protestante diede i suoi frutti e i principi protestanti iniziarono a riunirsi sotto le bandiere svedesi. Nel mentre, per salvaguardare la Germania protestante da Gustavo Adolfo, considerato uno straniero invasore da Giovanni Giorgio, Principe di Sassonia, e Giorgio Guglielmo, Elettore di Brandeburgo, quest'ultimi indissero un convegno protestante a Lipsia, con l'obbiettivo di riportare la pace nell'Impero. Essi crearono la confederazione protestante, con lo scopo di intimorire l'Imperatore Ferdinando II, affinché ritirasse l'Editto di Restituzione, che esasperava da anni i principi protestanti. Il 28 marzo 1631 l'assemblea protestante pubblicò un manifesto, nel quale venivano denunciati l'Editto di Restituzione, come causa principale dei conflitti imperiali, l'esercito imperiale, come mezzo di confusione, la mancanza di diritti dei principi, l'abbandono della costituzione imperiale e la situazione critica del paese. Anche se solo un manifesto, esso era una esplicita dichiarazione di guerra all'Imperatore, firmato dall'Elettore di Sassonia, dai principi minori sassoni, dall'Elettore del Brandeburgo, dagli ambasciatori dell'Anhalt, Baden, Assia, Brunswick-Lüneburg, Württemberg, Meclemburgo, dalle città indipendenti sveve, da numerosi nobili indipendente, dall'abbazia protestante di Quedlinburg e dalle città di Norimberga, Lubecca, Strasburgo, Francoforte sul Meno, Mühlhausen e Northausen. Se tale mossa fosse riuscita a spaventare l'imperatore, Gustavo Adolfo sarebbe stato sconfitto senza sparare un colpo, infatti egli avrebbe annullato tutte le pretese di Gustavo Adolfo, tramite l'annullamento dell''Editto di Restituzione. Nel mentre Giovanni Giorgio, in seguito alla pubblicazione del manifesto, iniziò la costruzione di un esercito, con a capo il miglior comandante del Wallenstein, Giovanni Giorgio von Arnim, nel tentativo di bloccare i rifornimenti di Gustavo Adolfo, seppur mantenendo relazioni neutrali.

Mentre il 4 aprile 1631 Ferdinando II riceveva il Manifesto di Lipsia, che quest'ultimo considerava solo una impotente dimostrazione di posizione, Gustavo Adolfo assaltò e conquistò il 13 aprile Francoforte sull'Oder, centro strategico importante, saccheggiandola e sterminando gli 8 reggimenti a guardia della città. Tra aprile e maggio prese Greiswald e Demmin, in Pomerania, così ottenendo il pieno controllo della Germania Nord-Orientale, sotto costante controllo grazie agli alleati tedeschi di Magdeburgo, che, tramite la loro ricca e preziosa città, dominavano e regolavano i bacini inferiori dell'Elba e dell'Oder. Nel mentre Wallenstein, notando la guerra incombente, decise di ostacolare Tilly, il generale dell'armata imperiale, impedendo a lui e al suo esercito di avere rifornimenti, essendo che lo stesso Ferdinando, a causa della disastrosa situazione economica imperiale, non poteva pagare.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Guerra dei Trent'anni: sacco di Magdeburgo
Data la situazione dell'esercito, Tilly decise, sotto forti richieste di Pappenheim, suo braccio destro, di assediare Magdeburgo, così da togliere un importante avamposto al re svedese, prendendo d'assalto, però, Neubrandeburg e facendo strage dei civili. Magdeburgo era difesa da Dietrich von Falkemberg, soldato veterano tedesco al servizio del re di Svezia, il quale era però ostacolato sia dai cittadini, che imploravano la resa nemica, sia dai firmatari del Manifesto di Lipsia, che non volevano difenderla a interessi svedesi. Gustavo Adolfo allora decise di agire in fretta: disse a Falkemberg di resistere ancora due mesi, attaccando poi Spandau, una città brandeburghese, e costringendo così l'Elettore del Brandeburgo a un'alleanza. Nel frattempo i ranghi imperiali erano sempre più instabili: stando alle voci Gustavo Adolfo si muoveva velocemente nel territorio, perciò sarebbe arrivato in pochi giorni al campo d'assedio, lasciando così Tilly in una situazione critica, infatti, se il Leone del Nord fosse giunto in tempo si sarebbe ritrovato circondato a est dal re, a sud da Arnim e a nord dagli inospitali territori del Maclemburgo, sotto mano di Wallenstein. Notando la perplessità di Tilly, Pappenheim prese l'iniziativa: dal 17 al 19 maggio 1631 i difensori dovettero far fronte a continui e furibondi attacchi imperiali finché il 20 maggio, fra le 6 e le 7 di mattina, vennero sopraffatti da un grande e disordinato attacco. Essendo che la città non si arrese, le truppe avevano il diritto di saccheggiare la città, ma la loro furia fu assai più elevata rispetto al normale: lo stesso Pappenheim solo con la forza riuscì a salvare il ferito amministratore Cristiano Gugliemo dalle mani dei soldati, mentre Tilly, che viaggiava per le vie cittadine con un bimbo in mano, ordinò a un priore di un monastero locale di portare quante più persone possibili nella cattedrale, salvando di conseguenza la vita a seicento persone. Durante l'assalto della città la porta della città venne incendiata e il forte vento che caratterizzò quella giornata espanse l'incendio per tutta la città, bruciando da cima a fondo la città per tre giorni. Secondo molti lo stesso Falkemberg, che morì durante l'assalto, diede l'ordine di cospargere la città con polvere da sparo, affinché si immolasse e non cadesse nella vergogna. In quello che venne poi denominato "Sacco di Magdeburgo" morirono 25.000 dei 30.000 cittadini. Quel che rimaneva di Magdeburgo venne chiamato da allora in poi Marienburg, in onore della protettrice della città.

La notizia della distruzione di Magdeburgo fece scandalo in tutta Europa, facendo insorgere le forze protestanti a favore di Gustavo Adolfo.
La reazione protestante non si fece aspettare: il 31 maggio le Province Unite si impegnarono a versare al re svedese una quantità di tributi pari a quelli francesi e ad attaccare, congiuntamente con il Regno di Francia, le Fiandre spagnole in caso di guerra, inoltre il 22 giugno Giorgio Guglielmo concesse al re svedese le sue risorse e le fortezze di Spandau e Küstrin. Allora Gustavo Adolfo prese l'iniziativa: a nord respinse le truppe cattoliche, avanzando in Meclemburgo e conquistando Havelberg il 22 luglio. Tilly, da imperiale, doveva difendere i territori tedeschi dall'invasore svedese, ma, essendo allo stesso tempo sotto il servizio di Massimiliano di Baviera, doveva evitare Gustavo Adolfo, essendo lui amico dell'amico del suo padrone. Sta di fatto che, essendo che Wallenstein, bramoso di riavere il potere a lui tolto, preferì abbandonare il Meclemburgo al nemico, obbligando Tilly a una ritirata in Sassonia. Qui, al suo arrivo, ricevette 14.000 nuove reclute, con le quali iniziò a invadere la Sassonia: conquistò Merseburg al primo assalto e il 6 era già sulla via di Lipsia.

L'unione delle forze sassoni con quelle svedesi sotto il comando di Gustavo Adolfo, al quale l'Elettore si impegnava di donare alloggi e vettovagliamenti per le truppe.
L'impossibilità di fare pace separata, se non in caso di emergenza.
Il dovere svedese di liberare la Sassonia dal nemico imperiale.
La limitazione delle azioni di guerra in Sassonia dopo la sua liberazione.
Giovanni Giorgio, seppur firmando un'alleanza col re svedese, si rese indipendente alle sue politiche, al contrario di Giorgio Guglielmo, anche grazie a una scappatoia giuridica, infatti il grado di emergenza secondo il quale ognuno dei firmatari poteva firmare una pace separata non venne definito, perciò l'elettore poteva infrangere l'alleanza in qualsiasi momento. Tre giorni dopo la firma del trattato, il 14 settembre 1631, Tilly attaccò e prese la fortezza di Pleissenburg, la quale era posta a difesa di Lipsia, e da essa raccolse gran bottino, mentre Gustavo Adolfo a Düben, ovvero a 25 miglia a nord di Tilly, incontrò e riunì le truppe alleate: da qui iniziò la fine di Tilly. Per il generale tedesco la ritirata era impossibile: se si fosse ritirato verso il Württemberg, ovvero il territorio alleato più vicino, avrebbe dovuto attraversare la Turingia, zona ostile, con Gustavo Adolfo al suo inseguimento, mentre, se fosse fuggito in Boemia, non sarebbe stato accolto da Wallenstein, possessore di essa, e quindi avrebbe lasciato morire i suoi soldati, perciò dovette asseragliarsi a Lipsia, sperando nell'arrivo dei rinforzi del generale Aldringen. D'altro canto, Gustavo Adolfo era impaziente di dar battaglia, infatti le sue forze, congiunte a quelle sassoni, superavano in qualità e numero quelle imperiali, inoltre liberando Lipsia avrebbe rafforzato il legame con Giovanni Giorgio, che desiderava liberare la sua amata Lipsia dai nemici.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Guerra dei Trent'anni: battaglia di Breitenfeld
Il 16 settembre Pappenheim, durante una ricognizione notturna, avvistò l'armata nemica e chiese di raggiungerlo con i rinforzi, nella speranza del comandante di sconfiggere velocemente i nemici (speranza aumentata dalla consapevolezza del comandante di non aver mai perso uno scontro, dell'esser sempre uscito vittorioso dalle missioni impossibili e da una leggenda della sua famiglia, che narrava che un membro della famiglia avrebbe ucciso un re invasore).
Le forze protestanti, che avanzavano prudentemente, verso le nove di mattina del 17 settembre, avvistarono le truppe cattoliche nel villaggio di Breitenfeld, locato quattro miglia a nord di Lipsia. La giornata era calda e caratterizzata da un forte vento, quest'ultimo e il sole rivolti contro Gustavo Adolfo. L'esercito cattolico era disposto in maniera tradizionale, caratterizzato dalla fanteria disposta nella parte centrale, comandata da Tilly, difesa ai lati dalla cavalleria, comandata, sul fianco sinistro, da Pappenheim. Mentre i cannoni imperiali iniziavano, inefficacemente, i bombardamenti sulle linee protestanti, l'esercito comandato da Gustavo Adolfo si disponeva in tal modo: la cavalleria sassone, comandata da Giovanni Giorgio (Che indossava per l'occasione una nuova sgargiante uniforme e armi splendenti e contemporaneamente accompagnato da un seguito di luogotenenti e giovani nobili, indossanti stivali e mantelli sgargianti, che, a detta del re svedese stesso, formavano "Un'allegra e bella compagnia da vedere"), insieme alla fanteria sassone si dispose nell'ala sinistra, parte della fanteria svedese si dispose al centro, mentre nell'ala destra il re svedese dispose il restante della fanteria e la sua cavalleria. I veterani di Tilly videro formarsi nell'ala destra protestante una strana formazione: la cavalleria non era disposta, come tradizione voleva, a ranghi serrati ma a file aperte (In modo tale da far manovrare velocemente ogni singolo individuo), intercalate da piccole squadre di moschettieri. Questi, dopo i minuziosi addestramenti voluti e attuati da Gustavo Adolfo, erano disposti su cinque file, affinché due file potessero sparare simultaneamente per poi esser sostituite da altre due, e sparavano con maggiore efficienza e tre volte più velocemente rispetto alle truppe imperiali.

Per sette ore la moschetteria svedese tuonò contro le truppe imperiali finché Pappenheim, verso le 14.30, approfittando del sole che splendeva con i suoi raggi gli svedesi, aggirò, tramite una formazione a semicerchio, le micidiali truppe svedesi e attaccò le riserve dietro la cavalleria nemica. Questa manovra, fatale per una formazione tradizionale, fallì miseramente contro le truppe svedesi: le truppe svedesi si voltarono velocemente contro la cavalleria nemica e le truppe imperiali si ritrovarono ben presto accerchiate ai due lati dalle riserve e dalla cavalleria, al punto che Pappenheim dovette ritirarsi velocemente. Notando l'immobilità delle truppe sull'ala sinistra, Tilly decise di attaccare l'artiglieria sassone, situata fra il lato sinistro e la fanteria sassone, insieme a Fürstenberg, suo comandante in seconda. Le truppe sassoni, seppur poco addestrate, resistettero con furore per due ore al furente avversario ma la loro resistenza fu spezzata: un improvviso e raddoppiato fuoco imperiale decimo le prime file sassoni, mentre le forze cattoliche, nascoste per metà dalla polvere, attaccarono con gran furore le truppe sassoni. Risolutiva fu la carica della cavalleria croata, che, indossante svolazzanti mantelli scarlatti, e insieme a un roboante urlo (Consueto di tale unità), diede alle truppe sassoni l'impressione di aver di fronte gli inviati del demonio. Gli artiglieri sassoni, in preda al panico, furono i primi a fuggire, lasciando i cannoni ai soldati imperiali, che, seppur stremati, riuscirono a rivolgere contro la cavalleria sassone, su cui fecero fuoco, impedendo così ad Arnim di riorganizzare le truppe. Giovanni Giorgio, preso dalla paura, fuggì dal campo di battaglia fino a Eilenburg, seguito da due interi reggimenti di cavalieri suoi sudditi, molto più inclini a seguire lui che Gustavo Adolfo, il loro nuovo generale. Molti dei cavalieri sassoni, rimasti appiedati, o per intelligenza o perché privi di una cavalcatura, notarono che si era al sicuro già a un miglio di distanza dal campo di battaglia, perciò, cercando un vantaggio personale, assalirono i carri e i rifornimenti svedesi, posti nella retroguardia.

Dopo essersi riorganizzata la cavalleria imperiale caricò gli svedesi, ormai rimasti soli sul campo di battaglia, comandati da Gustavo Adolfo, il quale, notando le azioni compiute dai sassoni, forse si pentì dell'accordo firmato con Giovanni Giorgio. Due cose salvarono Gustavo Adolfo:il suo genio e il vento. La cavalleria imperiale caricava vanamente contro le linee svedesi, che invece flagellavano il nemico con potenti e continue raffiche, mentre il re e i suoi ufficiali, privi di armatura, seppur correndo un enorme rischio, si muovevano continuamente tra le proprie file, al punto che egli sembrava ovunque. Il sole era vicino al tramonto quando il vento, cambiando direzione, soffiò incessante la fine polvere, flagello di tale giornata, contro gli imperiali, stremati dal combattimento. Gustavo Adolfo colse colse allora al volo l'occasione: fece avanzare dalle riserve due distaccamenti intatti di cavalleria che caricarono la cavalleria nemica, mentre col resto dell'esercito attaccò l'esercito imperiale, dividendo così la cavalleria dalla fanteria e riconquistando le artiglierie sassoni, le quali, rivolte ancora una volta contro gli imperiali, li indussero alla fuga. Tilly, ferito al collo e al petto, non riuscì a riorganizzare le truppe, lasciando così il comando a Pappenheim, il quale, aiutato dalla polvere, fece fuggire il suo esercito fino a Lipsia. Si narra che Pappenheim, che si vide impegnato per tutta la serata a difendere la retroguardia durante il cammino verso Lipsia, riuscì a liberarsi da quattordici soldati svedesi.

La sconfitta fu atroce per gli imperiali, che persero 19.000 uomini (Di cui 7000 prigionieri, poco dopo arruolati nell'esercito protestante), 20 cannoni e 100 bandiere. Mentre il ferito Tilly dovette rifugiarsi in una locanda durante la notte, Pappenheim dovette abbandonare Lipsia per riunire le truppe ad Halle. La notizia della sconfitta imperiale riecheggiò in tutta Europa: dopo tredici anni di sconfitte, i protestanti ottennero una significativa vittoria.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Guerra dei Trent'anni: dopo Breitenfeld
La fuga di Giovanni Giorgio durante la battaglia convinse Gustavo Adolfo che era impossibile fidarsi di lui come difensore delle terre appena conquistate, costringendo così a ritardare la sua avanzata nei territori imperiali. L'elettore, che mirava a Vienna come obiettivo di conquista, così da ridurre l'imperatore alla ragione, voleva che il re svedese la conquistasse velocemente, ma esso, diffidente, intuì che se l'avesse fatto avrebbe dato all'opportunità all'elettore di fare pace con l'imperatore, perciò cercò di forzare l'elettore affinché il suo esercito invadesse le terre asburgiche. Le forzature ebbero effetto: nei primi giorni di ottobre l'armata sassone invase la Slesia, il 25 ottobre attraversò la frontiera boema e il 15 novembre, sotto il comando di Arnim, presero Praga, abbandonata da Wallenstein cinque giorni prima. Nel mentre Gustavo Adolfo marciava nel cuore della Germania meridionale: il 2 ottobre conquistò Erfurt, il 18, dopo quattro giorni di assedio, prese Würtzburg, dove la guarnigione venne massacrata sotto il grido di vendetta "Quartiere di Magdeburgo", frase usata d'ora in poi a seguito ogni richiesta di quartiere da parte delle truppe guarnigioni nemiche durante gli assedi. Il 14 ottobre il vescovo di Würtzburg si rifugiò a Francoforte sul Meno, centro costituzionale dell'Impero, dove nel frattempo i principi cattolici s'erano riuniti per discutere sull'Editto di Restituzione, che poi fuggirono ignominiosamente dopo le nuove portate dal vescovo. L'11 novembre il re occupò Hanau, il 22 Aschaffenburg e il 27 entrò a Francoforte sul Meno, dove poi incaricò il suo fido ministro Axel Oxenstierna di dirigere le terre conquistate. A Höchst incontrò il langravio Guglielmo di Assia-Kassel con i suoi rinforzi, con cui marciò fino a Heidelberg, che però non conquistò, data la stagione assai avanzata. Prima di tornare indietro, però, lasciò il suo alleato Bernardo di Sassonia-Weimar a conquistare Mannheim, per poi conquistare con successo Magonza il 20 dicembre, cinque giorni prima di Natale, dopo la fuga dell'elettore e la resa della guarnigione spagnola. In quel momento Gustavo Adolfo era all'apice del suo potere: i duchi Guglielmo e Bernardo di Sassonia-Weimar servivano nel suo esercito, Guglielmo di Assia-Kassel, Federico Ulrico di Brunswick-Lüneburg, Federico di Boemia e il duchi del Meclemburgo erano suoi alleati, Giorgio II d'Assia-Darmstadt, il reggente del Württemberg, il Margravi di Ansbach e Bayreuth, la città di Norimberga e la circoscrizione della Franconia erano sotto la sua protezione, inoltre aveva a sua disposizione 7 armate, composte da 80.000 uomini, che nell'inverno cercò di aumentare con 120.000 uomini, di cui solo 9.000 svedesi. Il 22 gennaio, infine, sua moglie, Maria Eleonora, lo raggiunse ad Hanau.

Ferdinando, vedendosi rifiutare le richieste d'aiuto consegnate a Urbano VIII, agli spagnoli e ai polacchi, non vide altra scelta di sopravvivenza oltre a Wallenstein, perciò lo richiamò il fretta e furia in suo aiuto, essendo lui l'unico con uomini e mezzi per fronteggiare Gustavo Adolfo. Il generale, che lasciò i territori all'invasore e che temporeggiò il più possibile per aver un maggior guadagno, promise la formazione di una armata non prima di marzo. Anche l'alleato spagnolo viveva un periodo di precarietà: il Regno di Francia firmò un trattato con cui s'impegnava ad attaccare il Belgio spagnolo in caso di attacco olandese, prese, dopo una disputa col Ducato di Lorena, gli Elettori di Colonia e Treviri sotto la sua protezione e, sia la Confederazione Svizzera, sia l'elettore di Colonia, bloccarono il diritto di passaggio delle truppe spagnole per il Belgio Spagnolo, così da bloccare i suoi approvvigionamenti umani. Seppur il collasso Asburgico fosse reale e concreto, Richelieu non viveva felicemente pensando alla situazione germanica: Gustavo Adolfo in pochissimo tempo sovvertì le secolari politiche francesi nell'Impero, basate sulla difesa delle libertà germaniche, divenendo di fatto il fautore del destino tedesco. Essendo la situazione grave per gli interessi francesi, Richelieu decise di inviare Urbain de Maillé-Brézé, suo cognato, come ambasciatore a Massimiliano I di Baviera, alleato dei francesi, per tranquillizzarlo, mentre a Gustavo Adolfo per cercare di richiamarlo all'ordine. Se il primo compito era difficile, il secondo era impossibile: non sapendo più quali argomenti addurre, Brézé insinuò che il re svedese poteva mantenere la Germania Settentrionale solo se il Reno fosse stato francese. A simili insinuazioni il Leone del Nord reagì con l'ira, cacciando l'ambasciatore, che venne sostituito da Hercule de Charnacé, il quale, dopo lunghe trattative, ottenne la garanzia di neutralità del re verso l'Elettorato di Treviri. Oltre a Richelieu, anche l'elettore sassone cercò di persuadere Gustavo Adolfo a far la pace, notando i sempre più potenziali nemici che potevano minacciare il re svedese, ma esso rifiuto: oltre a pensare che fosse un atto di codardia, sapeva che se continuava la sua via di conquista poteva raggiungere i massimi poteri tedeschi, tra cui la carica di imperatore. Quest'ultima, probabilmente ambita, come tramandano diverse fonti, da Gustavo Adolfo, era impossibile da avere, anche se avesse conquistato tutto il suolo imperiale: tutti i principi, a parte qualche eccezione, erano assolutamente contrari a una sua candidatura, infatti, oltre ad essere straniero, era pure dispotico e più generoso coi suoi marescialli che coi cittadini tedeschi (riguardo alla redistribuzione delle terre). Gustavo Adolfo, gradito come alleato, non era desiderato come padrone: Federico V stesso, ritornato nel palatinato, rifiutò la proposta del re, che avrebbe fatto suo il Palatinato solo se sotto la protezione svedese.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Guerra dei Trent'anni: campagna del 1632
Il 2 marzo le operazioni di guerra ricominciarono: dopo aver lasciato Bernardo di Sassonia-Weimar a guardia del Reno, raggiunse il maresciallo Horn a Schweinfurt, per poi arrivare a Norimberga, dove, accolto dalla popolazione, si ricongiunse alla sua armata di 40.000 uomini. Le mete della nuova campagna erano assai chiare: la città di Augusta e la Baviera. Anche se protetto dal Trattato di Bärwalde, Massimiliano I, atterrito dall'avanzata di Gustavo Adolfo, raggiunse Tilly a Ingolstadt il primo d'aprile, dando così al re svedese il pretesto per muovergli contro: non avendo dichiarato la sua neutralità e congiungendosi col generale della Lega Cattolica, Massimiliano I dichiarava apertamente ostilità nei confronti del Leone del Nord. L'esercito cattolico, decimato e ancora fortemente demoralizzato dalla sconfitta subita a Breitenfeld, rinforzato solo da un contingente di 5.000 uomini mandato da Wallenstein, dovette dar battaglia all'esercito di Gustavo Adolfo, giunto il 14 aprile sul fiume Lech. Quando l'esercito svedese giunse sulle rive del Lech, ritrovò a ridosso del fiume l'accampamento del generale tedesco, non disposto a muoversi, dato il terreno a lui favorevole. Per ovviare a tale problema, Gustavo Adolfo fece costruire durante la notte dei ponti di barche, che il giorno dopo vennero utilizzati da 300 zappatori finnici, i quali dovettero costruire le piazzole per l'artiglieria, seppur bombardati dall'incessante fuoco cattolico. Costruite queste, l'intero esercito svedese attraversò il ponte, favorito dalla prudenza di Tilly, che non osò caricarlo, data la sua inferiorità di numero. Appena giunto sull'altra sponda del fiume, Gustavo Adolfo ordinò la carica alla collina su cui v'era posizionato l'esercito cattolico; la tattica fu buona e la fortuna migliore, infatti Tilly, ferito alla gamba, dovette lasciare l'esercito al suo sottoposto, Adlringen, che venne anch'esso ferito al cranio poco dopo. Notando l'esito segnato della battaglia, Massimiliano I, l'unico rimasto a comandare l'armata, ordinò la ritirata immediata, salvando così ciò che restava dell'esercito, seppur abbandonando gran parte dei bagagli e delle artiglierie. Seppur l'esito fallimentare della battaglia avvenuta (Poi denominata "Battaglia di Rain"), Massimiliano I fu consolato dal fatto che il suo vecchio nemico, Wallenstein, trovò finalmente un accordo con l'imperatore; l'accordo, secondo le voci dell'epoca (Essendo esso mai stato diffuso), garantiva a Wallenstein il comando assoluto dell'esercitò, il diritto di poter trattare e parlamentare con chiunque, il titolo di Elettore di Boemia, l'acquisizione di varie terre asburgiche e l'esclusione di Ferdinando III e degli Spagnoli negli affari militari imperiali. Quali che fossero le condizioni dell'accordo, a Wallenstein venne affidato un potere assoluto, avendo fatto bene in tendere di poter essere l'unico ad addestrare, pagare e mantenere un esercito di tasca propria. Seppur avendo perso i territori boemi, Wallenstein aveva da tempo industrializzato i suoi territori in Friesland allo scopo bellico, divenendo così il primo principe europeo ad avere l'idea di uno Stato organizzato esclusivamente in previsione della guerra.

Seppur Wallenstein fosse rientrato nella scena militare, l'avanzata di Gustavo Adolfo non era compromessa: la Boemia, invasa dai sassoni, garantiva a Gustavo Adolfo una valida difesa, infatti, senza aver sgominato le forze nemiche, il generale boemo non poteva avanzare, perché avrebbe corso il rischio di essere aggirato. Per ovviare a questo problema, Wallenstein inviò degli emissari a Giovanni Giorgio, con la proposta di far ritirare le sue truppe dalla Boemia insieme alla firma di un trattato di alleanza. Sebbene non accettò l'alleanza, l'Elettore sassone decise di far ritirare le proprie truppe, facendo così insospettire Gustavo Adolfo, che si fidava sempre meno del suo alleato. Anche se Wallenstein riuscì a far ritirare le truppe sassoni in Boemia, l'avanzata del re svedese continuò: il 24 aprile entrò in Augusta, mentre 5 giorni dopo arrivò alle porte di Ingolstadt, dove nel mentre, circondato dai suoi uomini fidati, Tilly moriva a causa delle sue ferite, lasciando 60.000 talleri in eredità ai suoi veterani. Il 3 maggio il re, decidendo di non sprecare il tempo per assediare una città ben fortificata come Ingolstadt, decise di correre il rischio di continuare la sua avanzata verso la Baviera, con l'intento di costringere Wallenstein a non dirigersi verso la Boemia. Massimiliano I, a questo punto, fu costretto a decidere se difendere la sua amata Baviera o abbandonarla per difendere Ratisbona, punto chiave per le comunicazioni fra lui e il generale boemo. Seppur la scelta fu assai ardua, decise infine di abbandonare la Baviera, lasciando 2.000 soldati a difesa di Monaco, e di dirigersi a Salisburgo. A metà maggio Gustavo Adolfo giunse a Monaco, abbandonata tempo addietro dai difensori, che nel mentre avevano tagliato i ponti dell'Isar, dove ottenne 250.000 talleri, in cambio dell'incolumità del clero e della cittadinanza. Anche se le voci popolari sostenevano che in 3 settimane dalla fine d'aprile il re sarebbe giunto a Vienna, all'arrivo di giugno il Leone del Nord era bloccato in Baviera: le notizie dal fronte boemo insinuavano che Arnim non volesse combattere e che si fosse ritirato insieme alla sua armata. Mentre il 25 maggio Wallenstein rioccupava Praga, Gustavo Adolfo decise di consolidare le sue posizioni in Germania, dirigendosi il 20 giugno Norimberga, e abbandonando l'avanzata verso Vienna, spinto soprattutto dal suo più grande timore, ovvero la firma di un accordo separato fra Giovanni Giorgio e Ferdinando. Da qui dovette ripartire poco dopo: Wallenstein aveva attraversato il confine boemo e stava per ricongiungersi a Massimiliano I. Seppur cercando di impedire tale mossa, il congiungimento delle truppe avvenne l'11 aprile a Schwabach. Allora Gustavo Adolfo si ritirò a Fürth, nei sobborghi di Norimberga, da dove richiamò i rinforzi. Con questi, arrivati il 16 agosto, decise di attaccare Wallenstein, che da tempo s'era stabilito sul Rednitz, ma l'attacco, avvenuto durante il 3 e il 4 settembre, fu fallimentare, dato il terreno assai sfavorevole per la sua cavalleria. La sua popolarità, intaccata dalla sconfitta, venne ancor più intaccata dalla mancata disciplina delle truppe tedesche, sulle quali Gustavo Adolfo espresse un parere assai negativo.
Gustavo II Adolfo Vasa (1611 - 1632) - Guerra dei Trent'anni: Battaglia di Lützen e morte
A questo punto il re svedese decise di proporre un accordo di pace, ma Wallenstein, notando il momento di debolezza svedese, lo rifiutò. Gustavo Adolfo, vedendo il suo esercito sofferente la fame, causata dall'estate umida, decise di abbandonare la posizione: incoraggiato da un'insurrezione contadina in Austria, decise di marciare verso Vienna, cercando così di attirare verso di lui le forze nemiche, favorendo così la ripresa della Boemia da parte di Arnim. Mentre Massimiliano I decise di ritornare a difendere la Baviera, Wallenstein decise di attaccare la Sassonia, così da far venire Giovanni Giorgio a patti o a far ritirare Gustavo Adolfo dal territorio austriaco. Wallenstein, seppur indebolito dalla scelta dell'elettore bavarese, richiamo a sé Pappenheim e Heinrich von Holk, suo luogotenente, invadendo in seguito i territori sassoni e costringendo così a far venire Gustavo Adolfo, che in verità s'era già incamminato giorni addietro. Il 22 ottobre arrivò a Norimberga, mentre il 2 novembre si ricongiunse ad Arnstadt con Bernardo di Sassonia-Weimar e i suoi rinforzi. Nel frattempo il 6 novembre Wallenstein e Pappenheim si ricongiunsero, ma il 15 novembre Gustavo Adolfo seppe che il generale boemo, pensando che gli svedesi non avrebbero arrischiato battaglia, aveva mandato Pappenheim a Halle. Il re, cogliendo l'occasione, decise subito di muoversi verso Lützen, situata quindici miglia a ovest di Lipsia, dove era accampato il generale boemo. Saputo solo nel tardo pomeriggio dell'imminente arrivo di Gustavo Adolfo, Wallenstein mandò subito un messo per richiamare Pappenheim e ordinò di costruire delle difese improvvisate.

L'alba del 16 novembre fu assai serena, ma verso le dieci una fitta nebbia scese sul territorio pianeggiante, infradiciandolo. Il territorio era assai pianeggiante, spoglio di insenature, fatta eccezione di qualche siepe. Wallenstein dispose le truppe a sinistra di Lützen, disponendo una fila di moschettieri di fronte allo stagno, affinché potessero sparare ai cavalieri svedesi durante la carica. Il generale boemo dispose i sui 12-15.000 uomini mantenendo la formazione classica: dispose la cavalleria sulle due ali e la fanteria al centro, preceduta dall'artiglieria, mentre dispose dei cittadini sulla retroguardia, per dar l'impressione ch'egli possedeva una potente riserva. Gustavo Adolfo dispose i suoi 16.000 uomini a sud, nello stesso modo con cui fronteggiò Tilly a Breitenfeld, mettendosi al comando dell'ala destra e affidando a Bernardo quella sinistra.

Alle otto, quando il re, com'era sua abitudine, pregò Dio invocando la sua protezione, la sparatoria era già iniziata. Più volte la fanteria svedese cercò di sloggiare invano le posizioni imperiali, finché alle dieci, Gustavo Adolfo, approfittando del calar della nebbia attaccò l'ala sinistra comandata da Holk, la quale, insieme ai finti soldati, fuggì verso i cannoni, lasciando così i bagagli e le bardature abbandonati al nemico. Sull'altro fronte Wallenstein diede fuoco a Lützen, facendo soffiare il fumo verso l'ala di Bernardo. Utilizzando tale stratagemma, il generale boemo mandò la cavalleria croata alla carica verso i semi-accecati uomini del generale sassone, ma, al contrario di ciò che accadde a Breitenfeld, l'ala resistette, incoraggiata pure dall'arrivo del re. Nel mentre, Pappenheim, appena arrivato sul campo, attaccò la vittoriosa ala destra svedese, costringendola a ritirarsi oltre lo stagno. Fu qui che il valoroso comandante, alla testa delle sue truppe, ricevette un colpo al polmone, che lo soffocò poco dopo, causandone così la morte. Verso mezzogiorno pure il cavallo del re, ferito al collo, si vide senza cavaliere sul campo di battaglia. Gli imperiali subito urlarono la notizia della morte del re, subito smentita dagli ufficiali svedesi, ma che si fece reale quando non lo si vide più sul campo di battaglia. Bernardo, divenuto comandante ufficiale, respinse l'ala di Wallenstein verso Lützen, aggirando così il centro, che venne sopraffatto poco dopo. A destra invece i soldati svedesi, furiosi per la morte del re, dispersero i soldati nemici e riconquistarono lo stagno.

Fuggito dal campo di battaglia, Wallenstein, rabbioso e mortificato, ordinò la ritirata verso Halle, avvenuta grazie all'oscurità, mentre sul campo di battaglia fu costretto a lasciare i bagagli, le bardature e le artiglierie. Con la fuga dell'esercito imperiale gli svedesi cominciarono la ricerca del loro re che infine fu trovato morto, vicino allo stagno tanto conteso, colpito da un proiettile fra l'occhio e l'orecchio destro, ferito al fianco da uno schioppo e un colpo di pugnale, al braccio da due proiettili e al dorso da uno. In quella notte fra svedesi, tedeschi, scozzesi, inglesi, irlandesi, polacchi, francesi e olandesi gravò il silenzio di un indicibile dolore.

Gustavo Adolfo, morto il 16 novembre 1632, fu portato, circondato dalle sue truppe, a Weißenfels, per poi essere trasportato e sepolto a Nyköping.
Cristina I (1632 - 1654)
Cristina Alessandra Maria Augusta Vasa nacque il 18 dicembre 1626 nel castello di Tre Kronor, Stoccolma, figlia di Gustavo II Adolfo Vasa e di Maria Eleonora del Brandeburgo, ricevendo fin da subito una educazione eccellente, imparando negli anni il greco, il latino, il tedesco, il francese, l'olandese e il volgare italiano. Prima della partenza del padre verso la Germania a difesa del protestantesimo, Cristina ottenne il diritto di successione al trono, applicato poi alla morte del padre, il 16 novembre 1632. De facto regina dopo la morte del padre, venne incoronata solo il 20 ottobre 1650. Al contrario dei suoi predecessori, ella preferiva la pace e l'arte, perciò, tramite un piano culturale, cercò di trasformare Stoccolma nell'Atene del Nord. Sebbene il piano fosse assai innovativo, Cristina, per attuarlo, dovette dilapidare le ricchezze dello stato e della popolazione, guadagnandosi così il malcontento popolare. Non badando più alle urgenze statali, ella decise di abdicare il 6 giugno 1654, in favore di suo cugino, Carlo X Gustavo, in cambio di una pensione statale.