Mac In Fuga
Francesco   Prato, Toscana, Italy
 
 
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UN’IPOTESI: E SE IL MOSTRO FOSSE UN POLIZIOTTO, UN CARABINIERE, UN MILITARE?
UN’IPOTESI:
E SE IL MOSTRO FOSSE
UN POLIZIOTTO,
UN CARABINIERE,
UN MILITARE?
L’avv. Nino Filastò ha sviluppato un suo personale
identikit del mostro. Eccolo.
Un uomo alto e di forza notevole, capace cioè di manipolare i corpi, alzarli, spostarli
e trascinarli con facilità e rapidità.
Anche l'altezza degli spari sui finestrini del furgone dei tedeschi, secondo le analisi
balistiche, rivelano l'alta statura.
Le tracce di ginocchia, in particolare, commisurate rispetto all'altezza da terra, e agli
arti inferiori nella loro interezza, indicano, secondo i periti dell'equipe De Fazio, un
acromegalico, cioè una persona con gli arti fuori misura.
Ne ho già parlato, qui e anche nel mio libro Pacciani Innocente. Una sorta di ragno
con braccia e gambe fuori misura, che non ha esitato ad affrontare, corpo a corpo,
un uomo atletico, alto e robusto come il giovane francese.
È probabile abbia una notevole conoscenza delle tecniche di attacco e di difesa, arti
marziali, lotta e consimili.
Spara con precisione e sicurezza, come chi ha familiarità col poligono di tiro.
Possiede anche grande dimestichezza con il combattimento all'arma bianca.
Maneggia lo strumento da punta e da taglio con maestria, colpisce e affonda nei
punti giusti. Chiunque abbia provato ad affondare un coltello in un corpo-simulacro
che riproduca la resistenza di quello umano, sa che non è né facile né naturale: ci
vuole forza e precisione, e queste si acquistano con l'esercizio.
Compie le escissioni con rapidità e sicurezza.
Tutti questi elementi, insieme alla sua capacità di mimetizzarsi e dileguarsi, fanno
pensare a una preparazione di tipo militare. Non certo quella che può avere un
militare di leva, ma quella di un professionista. Riesce sempre a colpire le sue vittime
da distanza ravvicinata.
Ma come ci riesce? A mio parere, questo è il punto nodale della questione, sciolto il
quale non dovrebbero restare molti dubbi su una determinata qualità del mostro.
Qualità almeno di genere, nel senso di categoria sociale e professionale. L'estrema
facilità con la quale riesce ad avvicinarsi alle coppie, anche dopo gli allarmi
amplificati e i controlli serrati, fa pensare a due dinamiche alternative.
La prima è che egli riesca ad avvicinarsi perché non desta sospetti nelle sue future
vittime. Qualche cosa di evidente lo connota, segnala la sua natura apparentemente
inoffensiva.
La seconda è che, in qualche modo, riesce a rendersi invisibile. Da notare che egli
agisce quasi sempre nelle notti di novilunio, cioè al buio totale.
Le due ipotesi non si escludono a vicenda. Forse in qualche occasione si è
avvicinato, rassicurando le vittime, altre volte senza farsi scorgere, nel caso in cui ha
dovuto lasciare la macchina a una certa distanza.
Esaminiamo la prima ipotesi.
Cosa potrebbe farlo apparire inoffensivo agli occhi delle vittime? Esattamente il
contrario di ciò che lo potrebbe caratterizzare come potenziale fonte di minaccia.
Solo un ruolo visibile in quanto esibito, e una ben determinata qualifica può essere
rassicurante in senso opposto: l'aspetto di agente dell'ordine.
Niente di più consueto che imbattersi in un poliziotto in servizio, che fa la sua ronda
notturna in funzione anti-mostro, o in quella più generica di controllo di polizia.
Niente di più tranquillizzante. Lo si individua e lo si riconosce già prima di vederne la
figura, di notare i suoi gesti e i suoi abiti. In che modo? Dalla macchina da cui
discende, accostata a poca distanza da quella dei fidanzati, con l'inconfondibile
segnale di riconoscimento: la bolla blu lampeggiante sul tettuccio.
Da quella macchina l'uomo avanza con passo sicuro, e i ragazzi, che hanno appena
iniziato i preliminari, cercano di ricomporsi pronti a mostrare i loro documenti
all'agente in borghese. Quando apparirà la pistola calibro 22 sarà troppo tardi per
rendersi conto dell'errore. Il falso, o vero agente, ha già indotto il giovane ad aprire il
vetro del finestrino per mostrare i suoi documenti, per questo è in condizione di
sparare a distanza ravvicinatissima, quasi a bruciapelo, senza incontrare, mai, in
nessun caso - eccetto la coppia di francesi, che non era in auto, bensì in una tenda -
alcuna reazione.
Uno scenario di questo tipo non è frutto di immaginazione, bensì suggerito da indizi
che conducono tutti, gravi, precisi e concordanti, verso quest'inquietante e scomoda
direzione.
Come spiegare in altro modo il libretto di circolazione trovato sul tappetino della
macchina di Stefania Pettini? Normalmente lo si tiene nel cassettino del cruscotto.
Che ci faceva sul pavimento dell'auto, se non era finito lì dopo essere stato estratto
per mostrarlo a qualcuno?
Il portafogli di Claudio Stefanacci, il compagno di Pia Rontini, è stato forato da parte
a parte da un proiettile. Il portafogli avrebbe dovuto trovarsi nella tasca posteriore dei
pantaloni, dove invece non era. I pantaloni di Stefanacci stavano sotto il sedile. Il
ragazzo ha dovuto prelevarlo da là sotto. A che scopo se non per mostrare i
documenti, contenuti al suo interno, a qualcuno autorizzato a richiederne l'esibizione?
Con tutta probabilità, quando l'uomo ha cominciato a sparare, il ragazzo, col
portafogli in mano, ha tentato invano di farsi schermo con esso, per questo il foro.
Non c'è una lesione da sparo nel gluteo in corrispondenza della tasca dei pantaloni,
quell'oggetto era nella mano della vittima al momento del colpo di arma da fuoco.
L'ipotesi alternativa potrebbe essere la rapina, ma nel portafogli i soldi c'erano tutti.
Non resta quindi che l'esibizione dei documenti.
Un altro elemento anomalo che ricorre in quasi tutti i delitti, trova la sua spiegazione
solo se si pensa alla volontà dell'assassino di depistare e confondere le indagini per
coprire l'identità che lo accomuna agli inquirenti.
I finestrini delle macchine, dal lato da cui egli spara, sono sempre completamente
frantumati. Se l'omicida avesse sparato a finistrino chiuso, come nella tesi ufficiale
della polizia, i vetri dovrebbero trovarsi rotti solo parzialmente.
I proiettili calibro 22, i più piccoli in commercio, è molto difficile che, attraversando
un vetro, riescano a distruggerlo senza lasciare nemmeno un frammento in piedi. Del
resto è così che è avvenuto col colpo sparato sul parabrezza della vettura di
Mainardi, nell'omicidio di Baccaiano. Il vetro del parabrezza non si è frantumato, ma
è rimasto visibile solo un foro con le classiche incrinature a raggerà.
Perché allora tutti quei finestrini disintegrati? Tutti, in ogni occasione, fino dal primo
duplice omicidio del 1968.
In che modo il finestrino, quello da cui l'aggressore ha sparato, viene trovato
frantumato quasi completamente? Ma innanzitutto, perché?
II modo non può riguardare gli spari. Anche per questa rilevantissima circostanza
l'osservazione dev'essere complessiva. Deve cioè riguardare tutti i delitti avvenuti
mentre le vittime si trovavano su un'auto, escludendo il furgone dei tedeschi, caso in
cui l'assassino è stato costretto a sparare da diverse angolazioni, per colpire i bersagli
in movimento, ed escludendo per ovvie ragioni, il duplice omicidio dei francesi.
L'osservazione complessiva consente di rilevare un'eccezionalità: la frantumazione
totale. Tanto che qualcuno, per spiegare il fenomeno, effetto straordinario di un'arma
da fuoco di piccolo calibro, nel caso del duplice omicidio di Calenzano, vittime BaldiCambi, chiamò in causa una strana pietra. Fu trovato, in prossimità dell'auto delle
vittime, un pezzo da collezione. Un frammento sagomato di breccia africana. Si tratta
di una pietra dura, che veniva usata dai mosaicisti toscani per i piani dei tavoli di un
certo pregio. Ne parlo al passato, perché l'unica cava di breccia africana, a suo
tempo esistente in Marocco, s'è esaurita, e questa pietra è oggi divenuta rarissima, da
collezione, appunto (informazione personale, ri
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